Perché la scalata al Nose del Capitan si è ridotta al livello di un difficile "sentierone", lungo il quale si esercitano frotte di arrampicatori imbranati che ne avviliscono la bellezza, mentre sulla quasi coetanea Salathe le cordate sono meno numerose e l'arrampicata si svolge più serenamente ?
La risposta sta in quattro paroline "Hollow flake" e "The Ear", il nome di due tiri di corda dove l'arrampicata libera è obbligatoria e, sebbene le loro difficoltà non siano altissime, sono sufficienti ad eseguire una grande scrematura.
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Andrin Sommaruga alle
prese con "Hollow flake" |
L'Hollow Flake è il terzo tiro dopo le Mammouth Terraces, il quattordicesimo della via, la sua difficoltà è di 5.9, che tradotto in gradi francesi equivale ad un banale 5C (sic!).
E allora perché mai è considerato così uno spauracchio ?
Il tiro inizia con il superamento di una breve costola, oltre la quale ci si cala e, dopo un pendolo, si raggiunge una fessura
off-width (fuorimisura) lungo la quale bisogna salire. Ora bisogna dire una cosa: già l'arrampicata in fessura è una brutta gatta da pelare, ma se questa è un "offwidth" la gatta è dura anche da prendere! Quello che spaventa non pochi climber, che a casa loro fanno serenamente dei gradi molto più alti, è il fatto che questo tiro di corda è totalmente sprotetto. Forse si potrebbe fare qualcosa con un friend del numero 6, oppure con i "Big Bros" (degli aggeggi telescopici), anche se il solo pensarlo indisporrebbe giustamente i Veterani; bisogna infatti tenere conto che questo tiro fu superato in totale arrampicata libera già in apertura di via nel lontano 1962!

La parte iniziale del tiro è quella più difficile e bisogna iniziare incastrando il ginocchio destro che sarà il caposaldo dell'arrampicata e che grattando contro la roccia potrebbe ridursi, ora della fine, ad un pezzo di carne sanguinolenta. L'altro piede spinge invece dall'esterno della fessura e talvolta, messo al suo interno, riesce a contribuire alla salita con un'azione di punta-tacco.
Le mani spingono dal basso verso l'alto, quella esterna (la sinistra) può spingere anche contro la parete alla quale si sono appoggiate le chiappe, mentre il braccio interno (il destro) può mettersi alla "Cicken- wing" (ala di Pollo), una posizione codificata e ultra-vantaggiosa . Altre parti del corpo coinvolte sono le chiappe, la schiena e le zone pelviche (uomo avvisato mezzo salvato), con le quali ci si "raspa" verso l'alto; la fessura si affronta con la schiena a monte e la faccia a valle… All'inizio l'istinto porta a stare il più interno possibile, ma così non si sale e stare più esterni fa abbastanza paura, perché se si sguscia dalla fessura si vola e si va sicuramente a farsi male contro un diedro parallelo posto una decina di metri più in là . E'qui che bisogna tener duro perché, un po' più in alto, la fessura si adagia, allora ci si gira faccia a monte e si incastra di nuovo il povero ginocchio destro che qui funziona come un vero e proprio friend. E' vero che man mano che si sale la sosta si allontana e il potenziale volo (da non fare assolutamente!) si allunga, però le difficoltà diminuiscono a 5.8, un misero 5b.

Si è sentito di gente che ha pianto, o che più spesso ha generosamente mandato avanti il compagno, ma non si hanno notizie di incidenti, che sarebbero molto seri perché si sale almeno una trentina di metri senza alcuna protezione. Questo vuol dire che l'Hollow Flake si fa e che, come spesso capita, più che allenarsi alle difficoltà bisogna abituare il cervello a dominare la paura.
Per assurdo, visto che da noi le fessure non abbondano, sarebbe più allenante salire una lunga placca sprotetta, che un difficile muro a spit.
Dell'Hollow Flake non girano tantissime foto, perché il primo di cordata viene nascosto dalla costola iniziale e non vedere il compagno in sosta aggiunge un senso di solitudine che si può più o meno apprezzare. Personalmente, dopo i primi metri, a me non è spiaciuto annaspare su quel tratto di roccia in totale solitudine, a migliaia di chilometri da casa mia.
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Il Diavolo e l'Acqua Santa |
Qualche tiro più in alto, esattamente al diciottesimo, si trova la seconda scrematura della via: "The Ear". Quello che sconcerta di questo tiro è la sua valutazione scandalosamente bassa, rapportata al suo aspetto decisamente terrifico: 5.7, ovvero 5a, tant'è che in fase di apertura di via, nonostante nella cordata fosse presente il mitico Chuck Pratt, il "fessuriano" senza macchia e senza peccato e soprattutto senza paura, gli americani cercarono tutte le alternative possibili pur di non salire di lì. Non avendola trovata si infilarono, alla fine di un diedro, in questo camino lugubre, angosciante ed esposto, praticamente in-assicurabile, rivelatosi poi, per fortuna, più facile di quanto non sembrasse. Anche qui si scala con la faccia rivolta a valle, con il vuoto che sembra voler risucchiare, come una sirena, lo scalatore verso il basso.
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The Ear incombe sulla testa
dell'Andrin Sommaruga che da
scafato yosemitista se nè fatto un baffo |
Dopo lo shock iniziale, visto che lo scopo è quello di salire, si scorgono una serie di piccole tacche per i piedi, che permettono di attraversare in diagonale questa specie di campana svasa, fino a raggiungerne il bordo esterno, che si trasforma in una fessura, dove ci si assicura con uno splendido friend numero 4 ( ma va bene anche un 3).
Come si dice in Valmalenco, questo è un tiro sul quale non bisogna "tuntugnala" (perdere tempo) e va superato con un certo ritmo, in modo tale che l'azione veloce possa ottenebrare i fantasmi che attanagliano la mente.
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Royla Robbins nel 1967 |
Incredibile ma vero, sono proprio questi due tiri di corda, dalle difficoltà , sulla carta, relativamente semplici, ma molto impegnativi dal punto di vista psicologico, a fare la differenza tra le due venerande vie, che hanno fatto la storia dell'arrampicata mondiale. Esse rispettano anche, in qualche modo, la personalità dei loro primi salitori: Warren Harding il guascone e geniale eroe nazional-popolare apritore del Nose e il più raffinato, cerebrale, umanamente meno simpatico "prete" della montagna, Royal Robbins, primo salitore della Salathe.
Paolo Masa - Masescu - Guida Alpina