CURRICULUM VITAE



Masescu: Supercrack of desert Utah

Oh cari clienti, oh gioiose sintesi tra disponibilità finanziaria e malattia alpinistica, perché mai dovreste scegliere me tra le decine di guide alpine che vi si offrono?
A dire il vero le motivazioni non sono facili da elencare; dentro mi sento il gagliardo giovane di lustri ormai andati, che affrontava gli strapiombi della Val di Mello a mani nude, ma se mi guardo allo specchio, o peggio una mia foto, allora vedo che il passo successivo potrebbe essere quello della scalinata del Pio Albergo Trivulzio.
Sono diventato Guida per caso, mantenendomi al limite della censura di categoria per indegnità morale. Non uso lo stemma, non faccio il Prusik nelle doppie, non insegno, non conoscendolo, il metodo Caruso, tiro gli spit non uso il bip, il GPS, la bussola , l'altimetro, la piastrina e il secchiellino; la morte bianca mi terrorizza e ho sempre pensato che l'Aineva fosse una associazione di cani per ciechi.
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D'inverno faccio il barista, vado sovrappeso e mi piace il Politically no-correct.
Inutile cercarmi per lo sci alpinismo perché lo faccio di rado, di nascosto e solo con i clienti più riservati; oppure sulle cascate di ghiaccio, perché su quelle per poco muoio, ma di fame, ai tempi della guida full time.
Ho mantenuto invece un ottimo rapporto con la roccia e con la montagna estiva.
E ora, visto che si può fare la pubblicità comparativa, qualche considerazione sui programmi dei colleghi: tutti vi vogliono portare in Patagonia o in Nepal, tutti vi vogliono insegnare ad arrampicare, a tirare una curva nella neve marcia e i più cattivi anche a recuperare il compagno dal crepaccio; personalmente non faccio nulla di tutto questo perché voi siete già molto bravi al vostro livello e io vi accompagnerò dove volete voi.
E ora lasciatemi vendere la mia merce.

Quest'anno se tutto va bene sono 37 anni che faccio la guida senza niente di drammatico da raccontare e neppure un cliente scalfito, non so se per fortuna o per la mia particolare repulsione al sangue. Non ho mai bivaccato fuori, se non sul Capitan e sull'Half Dome.
Ho avuto la fortuna di inseguire e di farmi inseguire dai migliori clienti che una guida possa immaginare con i quali ho fatto parecchie salite. Non è che me le ricordi tutte, ma quelle che mi hanno lasciato qualcosa le trovate qui sotto elencate sottoforma di grappoli geografici.
Partendo dal Monte Bianco, nella zona dei Piloni ho salito la classica al Pilone Centrale del Freney, la via Bonatti al Pilastro Rosso e la Gervasutti sul Pilone di destra, una vera e propria rarità. Spostandoci sul versante Brenva, a parte la Nord dell'Aiguille Blanche, che mi ha fatto penare con un rientro epico per le Roche Gruber, ho salito la Bonatti al Pilier d'Angle (la più grande sbattuta della mia vita) la temibile Via della Poire e lo Sperone della Brenva d'inverno, in salita e discesa per la medesima via, durante una splendida buferina.

Paolo Masa in una foto di repertorio
Bellissima la Bonatti alla Chandelle de Tacul con la variante finale di Tabou, mentre sul Gran Capucin ho spinto le chiappe su O sole mio , Vojage selon Gulliver e ovviamente sulla Bonatti.
Da qui fino al Col du Gros Rognon ho arrampicato molto su quelle creste di gallo chiamate Satelliti del Tacul, infestate da alpinisti all'inverosimile e degne di nota ricordo solo la Gervasutti al Mont Blanc du Tacul , il canalone Jager che ormai non c'è più e la Contamine alla Lachenal.
Non ho mai arrampicato all'Aiguille du Midi, che strano, chissà poi perché?
Spostiamoci in Francia in quella bellissima spiaggia d'alta quota che è l'Envers des Anguille: qui ho salito decine di vie tra le quali Je t'ai conquis Je t'adore alla Lepiney, proprio in un periodo in cui ero innamoratissimo di una bella ragazza.
La sud del Fou non me la do buona perché non ho fatto gli ultimi due tiri; onestamente ne avevo a sufficienza.
Di fronte al Fou c'e il Dru dove per poco lascio la pellaccia per una perfida frana di ghiaccio caduta dal Pic San Nome, però il giorno dopo ho salito la Via americana fino al Bloc Coincè, dove ho trovato il tiro di granito più bello della mia vita. Un'altra volta , scendendo dalle Flamm de Pierre ho salito il pilastro Bonatti.
La Cassin alla nord delle Jorasses è l'ultimo "vione" della zona che mi viene in mente anche se bellissime ho trovato: Gargantua alle Piccole Jorasses, nel selvaggio vallone del Frebouse, Le Chic, le Cheque e le Choc al Petit Clocher du Portaletre, Et je suis le vent all'Aiguille de la Varappe, le Pirate all'Aiguille d'Argentiere.
Nelle Alpi Centrali gioco in casa ed ho fatto più o meno tutto quello che si può fare con un cliente: qualche volta la Cassin al Badile e poi la via Del Fratello, Diritto d'Autore, lo Spigolo Nord ( 40 volte?) , Galli delle Alpi, il Pilastro N.O del Cengalo, la Taldo Nusdeo al Picco Luigi Amedeo 8 volte, varie nord del Disgrazia, del Roseg ,del Palù e ovviamente le grandi classiche della Val di Mello, compresa la Vedova Nera, la Via di Hassan e Okosa ( chi cade muore).
Nelle dolomiti il sottoscritto perde un grado ed è sempre andato con l'orecchia bassa, un po'perché li ci sono i gran “vioni” di chi ha inventato l'arrampicata e un po' perché entro sera piove sempre e a me da fastidio.
Il gruppo del Civetta è stato il più ostico ma anche quello di maggiore soddisfazione con il diedro Philipp che non finisce più (13 ore emmezza con temporalone finale), la Andrich, Il diedro Livanos alla Su Alto, una vera e propria chicca, e poi sulla bottiglia, detta anche Torre Trieste le vie Carlesso e Cassin.
In Marmolada ho salitole vie Vinatzer, Gogna, Messner, mentre nel miticissimo gruppo delle Tre Cime: lo Spigolo Giallo, la Hasse- Brandler, la Comici alla Grande di Lavaredo, per me la più bella via delle Dolomiti, e la Cassin alla Ovest.
Ricordo con piacere lo Spigolo Strobel e la Navasa alla Rocchetta alta di Bosconero, anche perché in quei valloni ombrosi è ambientato lo splendido romanzo di Sebastiano Vassalli "Marco e Mattio".
Bellissima anche la Buhl alla Canali e saltando di palo in frasca ho dei ricordi molto belli del gruppo del Brenta : via delle Guide al Crozzon, La Graffer, la Maestri e la Aste al Campanil Basso, la Detassis alla Brenta Alta. In quel gioiellino della Val D'Ambiez ho salito le vie della Soddisfazione e Linea Nera.

Stavo dimenticando il Diedro Mayerl e la Messner (delle due quella più facile) al Sass d’la Crusc, ma la memoria non può arrivare dappertutto.

Nella mia attività di operaione specializzato della montagna ho frequentato pareti e montagne che, sebbene meno imponenti delle precedenti, offrono arrampicate di estremo godimento: la vastissima area di Arco, il vomitevole Verdon (per la forte esposizione s'intende), la rossa muraglia granitica del Grimsel, il moderno Brianconnaise.
In una splendida giornata dell'estate 2001, alle cinque emmezza del mattino ho salvato da una lunga ospedalizzazione uno spagnolo che si era impegolato nella disgustosa crepaccia terminale del Grand Capucin, ho portato a casa la via Vojage Selon Gulliver e a sera ho litigato con il rifugista per la verminosa situazione alimentare.
Nel cuore ultimamente mi è entrata la Sardegna, dove potrei dirigere gli spostamenti di un sequestro di persona, sia nel Supramonte Nuorese che nella grandiosa desolazione dell'Iglesiente.
Con il mio amico Alberto Magliano, ho salito il Nose al Capitan e la Regular Northwest Face all' Half Dome e con l'Andrin Sommaruga che ho conosciuto in questi ultimi anni nei quali la mia decadenza fisica e morale si è evidenziata vieppiù ho salito, sempre al Capitan: la Salathe, di nuovo il Nose e infine Zodiac. Questo Andrin Sommaruga è proprio un bravo ragazzo perché, anche se oramai è più bravo di me, si ostina ad assoldarmi e a portarmi in giro per gli States come si fa con un vecchio zio, facendomi delle proposte sempre più indecenti (alpinisticamente parlando si intende).

Dopo la sosta forzata del 2005, quando per colpa di una scaglietta malefica  che non ha sopportato il mio peso di inizio stagione, sono volato su un gradino sottostante con la leggerezza di un elefante, rompendomi il Tendine d’Achille , nel 2006 ho ripreso ad arrampicare.
Agguerriti come pochi e con una bella dose di incoscienza siamo partiti, io e l’Andrin, alla volta di Yosemite con l’intenzione di salire lo Shield al Capitan, del quale, durante l’inverno, avevamo imparato a memoria tutta la relazione tiro per tiro. Ma, aihmè, questo non è bastato: il tettone che sporge 12 metri  alla base dell’headwall ha pesato troppo sulla nostra psiche, costringendoci a calare mestamente i due immondi sacconi che avevamo già issato per  cinquecento metri. Fortunatamente siamo riusciti, con un colpo d’ala, ad arginare la scornata salendo velocemente( un giorno più una mattina) la Regular NW all’Half Dome dove, sulla Big Sandy Ledge, ho oltrepassato l’inquietante soglia dei cinquant’anni.

Nel 2007 mi sono di nuovo imbarcato in una nuova avventura yosemitica seguendo i deliri arrampicatori dell’Andrin, con il quale ho salito la mitica Salathe-Steck alla Sentinel: 500 metri di orribili camini e fessure offwidth con le quali abbiamo dovuto lottare con tutte le parti del nostro corpo. Per rilassarci abbiamo infine salito la fantastica linea di fessure della Lurking Fear al Capitan.

Il due settembre 2007, di ritorno da una ascensione al Pizzo Roseg, ho trovato sul ghiacciaio dello Scerscen i resti mummificati di un alpinista svizzero morto presumibilmente alla fine degli anni 20 e con questa scoperta ho raggiunto una notorietà nazional- popolare  tale da insidiare la reputazione alpinistica  da “Vecchia Guidona” che mi ero pazientemente costruito nei 30 anni precedenti.

Nonostante la tendenza alla pinguedine ogni primavera mi assale la scimmia dell’arrampicata con l’obiettivo di salire dignitosamente con i clienti  le mie vie preferite che sono le grandi classiche della Val di Mello e del Masino.

Nel 2009, il giorno prima che morisse il grande Riccardo ho fatto la sua via al Badile con Gian, un gagliardo quarantino piemontese. Poiché avevo ancora  la pompa yosemitica l’abbiamo salito nell’ottimo tempo di sei ore, tenuto conto che, come ai vecchi tempi, ho dovuto litigare con più di una cordata nella fase di sorpasso.

Cercando di tener duro nella primavera del 2010, ho salito la vecchia Polimagò con Giulia, mia figlia, che è medico e con Alberto Schiera mi sono avventurato su Self Control , così per quanto riguarda la Val di Mello mi ritengo abbastanza soddisfatto. Coi clienti ho rispolverato anche due fantastiche classiche della Valle: Le Risposte di Bakunin e Il Giardino delle bambine leucemiche+Patabang.

Per quanto riguarda Yosemite, ospite dell’Andrin Sommaruga che nel parco ha costruito una bellissima casa, ho scalato alla grande portando a casa un vero gioiellino : il NE Pillar dell'Higher Cathedral Rock, oltre a numerose altre vie fatte al seguito del mio allievo che ormai ha raggiunto livelli stratosferici.

Con lui ho salito delle pareti che mai avrei pensato di fare, di cui non conoscevo neppure l’esistenza. L’ho seguito infatti sulla memorabile West Face del Capitan, una splendida via per pochi, con numerosi passaggi filtro che hanno messo a dura prova, respingendoli, delle onorevoli cordate, ignare del fatto che la trasformazione dei gradi americani nella scala francese, è stata fatta da qualche Sadicone sotto gli effetti di sostanze allucinogene e che, per esempio, un 5.10d offwidth non è  più o meno un 6a, ma un tiro praticamente inscalabile anche da un “bravo” climber europeo. Il bello di quella memorabile giornata di ottobre è che, a sera, quando siamo usciti dalle difficoltà, siamo corsi verso la vetta illuminati dalla  calda e radente luce del tramonto, per poi scendere il più velocemente possibile, con le ultime luci, la via normale. Essere sorpresi dalla notte in mezzo alla labirintica manzanilla (un coriaceo arbusto onnipresente), ci avrebbe costretti ad un fastidioso bivacco, essendo privi di attrezzatura. Dopo la discesa notturna  delle corde fisse, siamo arrivati verso le dieci di sera a casa, giusti, giusti per gustarci le facce stupefatte degli amici Gnerricus e Chiccone che, al pensiero del nostro scomodo bivacco, si erano appena stappati, per solidarietà, un'ottima bottiglia di vino californiano (Le merdacce!).

Inarrestabile l’anno successivo, L’Andin mi ha trascinato  sulla mitica Astroman, una arrampicata veramente "demanding" dal punto di vista fisico, diciamo che dopo l’Enduro Corner, praticamente all'inizio della via, io ne avrei già avuto abbastanza, anche se poi l’ho seguito fino alla splendida vetta, un angolino di paradiso in terra. L’Andrin se l’è pappata tutta "all free", a parte un solo, misero resting alla base del vomitevole Harding Slot e devo dire che, tutto ciò, vuol veramente dire "saper scalare bene"! Sul Rostrum invece, che dista non più di un quarto d’ora da casa, ormai "siamo di casa" e lo facciamo, almeno una volta all'anno. Su Crucifix, infine, che è il trionfo della fessura “offwidth”(fuorimisura), mi sono veramente sentito come Gesù Cristo sulla croce.

Nella campagna yosemitica del 2013, grazie alla presenza di mio nipote Pio Pompa (Giampi) e del solito Chiccone, mi son tolto lo sfizio di ritornare alla mia vecchia amata arrampicata artificiale e in un paio di giorni ci siamo saliti la Ovest della Leaning Tower, la parete più strapiombante degli stati uniti. E’ stata una bella soddisfazione, anche perché i giovinastri che mi accompagnavano erano talmente a digiuno delle tecniche e degli sgami dell’artif che, piacevolmente, me la sono dovuta tirare tutta, evitando così le vomitevoli risalite coi Jumar delle corde fisse.

L’ultima performance yosemitica risale all'ottobre del 2014 quando, in una caldissima giornata, ho seguito l’Andrin sui primi 14 tiri della Salathe, che manco a dirlo il nostro si è portato a casa tutti, rigorosamente, in libera, in un buon tempo di 8 ore!

Ma non di sola arrampicata vive Masescu e nell'ottobre del 2012, dopo un fidanzamento ormai quasi d’argento, la Gio (gran donna!) mi ha concesso finalmente la sua mano. Così ci siamo sposati in una bella sala del comune di Chiesa in Valmalenco, nella quale erano confluiti circa un centinaio di amici e parenti che, pur increduli, non volevano farsi scappare l’evento. Il matrimonio è stato celebrato dal mio amico Gianfranchino Comi, col quale in gioventù avevo condiviso una bella esperienza amministrativa, diventando indegnamente il suo vicesindaco. Nell'occasione mi sono addirittura esibito in un sermone, nel quale ho ripercorso le varie ere geologiche della mia vita, ricordando anche tutti gli amici che, in montagna, sono stati meno fortunati di me, tra i quali, mio fratello Giampi il grande amico e cliente Alberto Magliano che, solo un mese prima, aveva perso la vita in Himalaya. A tutto questo  Ã¨ seguito un indimenticabile e luculliano pranzo presso l’Albergo Chiareggio, dell’amico Livio Lenatti.

All'inizio di novembre 2012, con la Gio e tutti i figli, Giulia, Beatrice e Federico, abbiamo fatto un bellissimo viaggio in Nepal, su, su fino ai laghi di Gokyo e al Gokyo Ri (5.400 metri), dove ho avuto la conferma che, anche se modesta, l’alta quota non fa proprio per me!

Negli ultimi tempi, come guida,  mi dedico alle classiche della Val di Mello, al Pizzo Badile (sullo Spigolo Nord mi sento una piccola autorità avendoci portato clienti di tutti i tipi: da quelli svegli a quelli paralizzati….) o al Bernina e al Disgrazia che, tutto sommato, per me sono le salite più comode e anche quelle che mi rendono di più, permettendomi di integrare i redditi destinati al mantenimento dei miei tre meravigliosi figli : Giulia (31, che si mantiene ovviamente da se), Beatrice (16) e Federico (14).
Finalmente termino questa sbrodolata, nella quale ho fatto un po' il cagone, con questo messaggio:
se volete venire in montagna con me telefonatemi almeno dieci giorni prima che ci mettiamo d'accordo, a me va bene tutto: una via normale o una più impegnativa non fa differenza.
E in ogni caso ricordatevi che ogni soldo speso in montagna è un soldo ben speso.

Ah, dimenticavo, il primo di novembre del 2014, dopo essere tornato dai miei “fanghi yosemitici”, sono andato col vecchio amico Jacopone Merizzi, a scalare il Precipizio degli Asteroidi in Val di Mello. Com'è, come non è, verso l’uscita del tiro detto della Tromba e praticamente alla fine delle difficoltà, devo avere combinato una qualche cazzata, di cui non ricordo il dettaglio, così sono volato e , dato che l’ultimo chiodo si trovava un bel po’ di metri più in basso, ho fatto “una Fionda della Madonna” come si dice in gergo. Per qualche interminabile minuto ho perso anche conoscenza e sono poi stato (con perizia) recuperato con l’elicottero che mi ha portato all'ospedale di Sondalo. La stampa locale, pur di vendere qualche misera copia di giornale in più, mi aveva già dato per morto sbudellato, ma alla facciaccia loro, non solo sono sopravvissuto, ma mi sono, nel giro di pochi giorni, ripreso alla grande, di nuovo pronto a vivere la splendida avventura della montagna.

In pratica :”Stu Begn”, come si dice in Valmalenco e se vi va l’idea chiamatemi pure che andiamo in montagna assieme.

Ciao Masescu