Per chi ha tanto tempo da perdere, oppure per chi è incappato in un weekend di brutto tempo che gli ha mandato a pallino tutti i programmi, c'è questa intervista alla quale l'autunno scorso mi ha sottoposto il collega Guida Alpina Eraldo Meraldi, che vale la pena di ascoltare.
Certo, avrei preferito essere intervistato da Enzo Biagi o da Giovanni Minoli, ma non bisogna mai peccare di presunzione. Conosco l'Eraldo da un numero indefinito di anni perché, per strane ed imprevedibili combinazioni della sorte, entrambi siamo diventati Guide Alpine. Io l’ho sempre collocato in quella nebulosa di Guide provenienti dall'Alta Valle (Valtellina), dedite per lo più allo sci-alpinismo, alle corse in montagna, alle grandi sfacchinate sulla neve, decisamente lontane dall'andare in montagna più guascone, quasi svogliato, fatto di improvvisazione, al quale mi sono sempre ispirato...
Con il suo fisico brevilineo e tarchiato l'Eraldo rappresenta (come molti di noi) il prototipo dell'Homo Alpinus. Anche se attenuato dalle mollezze del benessere, il suo aspetto tradisce generazioni di antenati dediti agli sforzi della sopravvivenza: caviglie e ginocchia grosse, come i polpacci, i quadricipiti e le spalle potenti. Mentre i tratti del suo viso raccontano di nonni sottoposti alle fatiche fisiche, alleviate solo dal pensiero che nell'Aldilà avrebbero potuto tirare il fiato.
Se non fosse nato nella generazione dei babyboomers, l'Eraldo non avrebbe evitato di trascorrere gli anni giovanili in seminario, dato che a scuola se la cavava, era diligente e dimostrava una naturale devozione ai dettami religiosi. Poi, fatalmente, le strade sarebbero state due: terminare la sua missione, oppure, al presentarsi delle impetuose pulsioni adolescenziali, abbandonare la carriera ecclesiastica ed andare ad arricchire la schiera dei "Menepentu" (me ne pento), come dalle mie parti si definiscono quelli che prima o poi gettano la tonaca alle ortiche. Sarebbe poi diventato un occhialuto e volubile maestro elementare, con la passione per la storia locale e raccoglitore di Genepì.
Nonostante tutti questi presupposti, l'Eraldo ha avuto più fortuna dei suoi antenati e la zona in cui è nato, nel frattempo, è diventata talmente ricca da offrirgli, a pagamento, un lavoro apparentemente inutile: il misuratore di neve. Inoltre, complice le luci attenuate di una sera in rifugio è riuscito ad impalmare una bella ereditiera, con la quale ha avuto anche una meravigliosa bambina.
Perfidi conterranei dell’Eraldo, amici miei da molti anni, venuti a sapere che sarei stato protagonista di una sua intervista, l'hanno definita "l'Intervista del Morto" perché, secondo loro, egli rivolge le sue attenzioni "giornalistiche" ai Local Heroes che, dal punto di vista professionale o sportivo, hanno ormai un piede nella fossa, categoria alla quale sono stato iscritto d'ufficio. L'Eraldo ha commentato questo giudizio con sprezzante acidità , sottolineando il fatto che lui non ha niente a che fare con quella congrega di malversatori Bormini, i famosi LUF (i lupi), perché lui è di Forba (Valfurva) e le sue origini sono quelle dei saggi e laboriosi contadini dell'alpe.
Per quanto mi riguarda mi sono studiato per bene le domande che Eraldo mi aveva inviato, ho rifiutato di rispondere solo a quelle più filosofiche per le quali non mi sentivo assolutamente tagliato, tipo: cos'è la bellezza, com'è la tua vita interiore e cose di questo genere e mi sono impegnato a rispondere il meglio che potevo a tutte le altre. A volte ho utilizzato una vecchia tecnica che avevo maturato ai bei tempi dell’università , rispondendo ad una sua circostanziata domanda "Roma per Toma", cioè cambiando subdolamente argomento. Ne è uscita una cosa che mi ha fatto rivivere vecchi tempi, ripercorrere la mia infanzia, l’adolescenza, l’innamoramento per la montagna e via via tutte le tappe della mia carriera di climber e di Guida Alpina. Ho perfino citato i miei genitori che, per decenni, non hanno mai capito come riuscissi a sbarcare il lunario arrampicandomi sulle montagne. In questo hanno ragione i miei perfidi amici bormini nel definirla "l'Intervista del Morto" perché ne è uscito una specie di memoria testamentale.
Nonostante il pessimo carattere che contraddistingue entrambi, il lavoro, anche se lungo, è uscito con una sua leggerezza e a tratti fa anche ridere. Insomma, alla fine della storia non devo che ringraziare l’Eraldo per avere avuto la pazienza di guardare sul computer, per quasi un mese di fila, il mio faccione e che, tagliando e cucendo la nostra lunga conversazione, ha confezionato un buon lavoro.
Per chi infine non ha la pazienza di sorbirsi tutta "La corazzata Masesku", c'è anche il Trailer, che è più veloce e per alcuni, anche più stuzzicante.
Masesku Agosto 2020