Piz Bernina



Quante volte avrò scalato il Bernina?

A dire il vero non saprei dire. Il mio rapporto con la montagna più alta delle Alpi Centrali, l’ultimo quattromila ad oriente delle Alpi, nonché la più alta montagna della Valmalenco, mia valle di origine, ha avuto fasi alterne nella mia vita alpinistica. All'inizio, nei primi anni 70, vedevo questa vetta come un miraggio che, quando sarei stato sufficientemente bravo, avrei conquistato. La volta buona venne nell'estate dei miei 17 anni, quando in due meravigliose giornate di Settembre, ne raggiunsi la cima con l’amico Fausto, detto Faost che, avendo già superato la soglia della trentina era molto più vecchio di me. La nostra cordata era impostata su una intricata rete di rapporti di fiducia: mio padre si fidava del Faost perché era già ammogliato e da poco era diventato ”Il Vigile” di Chiesa in Valmalenco. Il Faost, invece, per misteriosi motivi, si fidava ciecamente di me come io, vedendolo bello massiccio, di lui.

Diciamo una cosa, in quanto a tecnica eravamo così, così, ma avevamo il sacro furore dell’andare in montagna, che moltiplicava le nostre giovani forze e da bravi malenchi, conquistammo con disinvoltura la vetta. Mi impressionò molto il caldo che può fare a 4000 metri e i rivoli di acqua che scorrevano sul ghiacciaio e che andavano ad infilarsi in stretti e lugubri inghiottitoi. Poiché il Bernina era stata una passeggiata, il giorno dopo ci lanciammo alla conquista della Cresta Guzza, un ammasso di roccia veramente marcia. Per rafforzare la cordata si era aggiunto a noi il Floriano, il figlio del gestore della Marco e Rosa, che in seguito diventerà Guida Alpina e a quel tempo non avrà avuto più di 14 anni.

Quando iniziai a fare la Guida, nell'estate del '78, accompagnare i clienti sul Bernina era una cosa ambita. Alla Marinelli stazionavano ancora 4 guide fisse, che facevano la stagione, così a noi giovani toccavano le briciole, che però non erano male: si guadagnavano ben 70.000 Lire in un giorno che, per uno studente-sassista squattrinato, erano una vera manna. Del Rifugio Marinelli ricordo i cori che le guide alpine ”nobili” intonavano alla sera, immancabilmente nel repertorio c’era “Sul ponte di Perati” che faceva accapponare la pelle; mentre la partenza nel cuore della notte alla luce delle torce, mi stringeva un po’ il cuore; certamente avrei preferito dormire. Tra i primi clienti ebbi un prete piemontese, cortese e un po’ triste, accompagnato da una suorina laica, timidamente affettuosa. Un giorno scalai con dei clienti la parete sud del Pizzo Rachele, in Val Sassersa, quando alla sera tornai a casa i miei genitori mi dissero che avevano chiamato dalla Marinelli, che raggiunsi lo stesso giorno verso mezzanotte e il giorno dopo mi trovai ancora una volta in cima al Bernina. Insomma: delle grandi e indimenticabili corse.

Durante i miei anni ruggenti di Guida Alpina, mi allontanai dal Bernina, volevo conoscere le Alpi e le loro grandi pareti che avevano fatto la storia dell’alpinismo e in quel periodo ci salii poche volte, mentre nella mia terza stagione “guidesca”, da una quindicina di anni a questa parte, questa bella montagnona di casa mia, è tornata tra le mie preferite. Qualche anno fa sono arrivato a salirla anche cinque volte in cinque giorni di fila, toccando con mano come, un bel lavoro (guida alpina) e una bella montagna (il Bernina), possano predisporre al ricovero nel repartino degli psicopatici.


Ultimamente salgo sul Bernina circa tre volte all'anno, alternandone la scalata ad un’altra delle mie preferite: il Pizzo Badile. Ad inizio stagione, quando c’è ancora molta neve e l’attraversamento dei lunghi ghiacciai è più agevole, salgo dal Rifugio Marinelli, mentre da metà stagione in avanti parto dal Rifugio Diavolezza (Svizzera), salgo sui Pizzi di Palù, dormo alla Marco e Rosa e alla mattina presto, verso le sette, sono già in cima al Bernina a godermi il panorama straordinario. Con chi è più preparato, infine, salgo la famosa Biancograt, una delle creste nevose più belle delle Alpi. Il versante "malenco" è più selvaggio e ruspante, mentre la via normale dalla Svizzera, è un po’ più lunga, ma più comoda, con minor dislivello. In ogni caso sono esperienze di grande fascino e bellezza, che si possono vivere immersi nel bellissimo mondo dell’alta quota.



Io raccomando sempre ai numerosi clienti che d’inverno frequentano il mio prestigioso Bar sulle piste di sci del Palù, di mettere a frutto la loro perfetta forma fisica per portare a casa un piccolo gioiello che gli farà dimenticare per un giorno la ripetitività dei gesti e la schiavitù delle tabelle degli allenamenti. Molti mi guardano e sorridono, pensando ad un vecchio barista contaballe, altri invece ci hanno provato e hanno vissuto una delle esperienze più belle della loro vita. Il tutto è per dire che, chi ha anche solo l’idea di salire il Bernina, mi può serenamente contattare, ne parliamo e poi lo facciamo.

A presto

Masescu

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