LA CASCATA DEGLI SPECCHI E OKOSA: FOTOGRAFIE DAL PASSATO ....

LA CASCATA DEGLI SPECCHI E OKOSA: FOTOGRAFIE DAL PASSATO ....

 

Spalatura neve al Palù, Valmalenco

Mentre ero li a spazzare la neve per liberare il mio splendido bar sulle pista da sci, che poi è rimasto tristemente chiuso, vedo spuntare dal bosco uno sciatore alpinista che si avvicina e mi chiede:” tu sei  il Pilly?” Attenzione! Se uno  mi chiama Pilly vuol dire che è legato alla mia gioventù,
 prima che il passare degli anni mi trasformasse in Masesku. Ed e’così che, dopo moltissimo tempo, rivedo il Friz Pollini, fotografo in Sondrio. Il Friz apparteneva a quel gruppone di amici del grande Bosca (Antonio Boscacci), che seguiva “Il Maestro” per tutto l’inverno in lunghe ed avventurose gite di sci alpinismo e d’estate , con pulmini e tende, in giro per le falesie d’Europa: Calanques, Verdon, Packlenica…Col Friz ci eravamo frequentati negli anni 80, quando in seguito alla visita in Yosemite, io e Jacopo Merizzi avevamo proposto al vulcanico direttore commerciale della Samas , Francesco Margola, di produrre una  linea di abbigliamento ispirata alla Val di Mello: la” Mello’s”. Il Friz, essendo un bravo fotografo, aveva fatto i primi servizi fotografici e, grazie a quelli, avevamo spesso arrampicato assieme. Poi non ci siamo praticamente più visti fino a quest’inverno. Dopo il nostro incontro il Friz mi ha scritto una mail: “varda mo’ cusa u truvat…” guarda cosa ho trovato, con allegate delle foto dei vecchi tempi: alcune della salita alla Cascata degli Specchi in Valmalenco ed altre in Val di Mello su Okosa. 

manovre preparatorie alla perforazione

Nella "Pancia" della cascata

La cascata degli specchi è forse la più scenografica cascata della Valmalenco, si trova dopo il Giuell e un po’ prima di San Giuseppe in destra orografica ed è formata da un enorme colata di ghiaccio .Con Jacopo ci mettemmo il naso nei primi anni 80, ma ci rendemmo subito conto che si trattava di una brutta gatta da pelare: candelone verticale, e fin li poteva andare bene, ma sinistramente orlato nella parte alta da una gronda di instabili stalattiti.

Si frantuma la gronda
Parto glaciale


 Poiché le nostre piccozze assomigliavano più ad un “sciarscèll” (zappetta da orto, in dialetto malenco) che ad altro, non affrontammo la scalata frontale, ma salimmo abbastanza facilmente la cascata dall’interno, in una specie di camino di ghiaccio, fino al tetto, poi con una azione da veri minatori scavammo un buco attraverso il ghiaccio che ci diede l’accesso  alla parte  esterna della cascata.
Il buco, una sorta di geniale Cavallo di Troia, permise all’astuto Merizzi, che ne aveva avuto l’idea, di scalare in grande spolvero e con più tranquillità l’ostica parte finale della cascata che ci aveva così tanto preoccupati.

Il gioco è fatto


Andammo a festeggiare l’evento dal nostro amico e collega guida alpina Edgardo Gazzi, che in quel periodo gestiva il ristorante Braciasco a San Giuseppe. “Cus’i facc incoo ?” cosa avete fatto oggi, chiede l’Edgardo e il giovane Merizzi, già a quel tempo grande affabulatore, parte subito con una epica descrizione della nostra avventura sulla neonata “Cascata degli Specchi”.“ ‘ndua la se trova?” (dove si trova?) chiede un po’ disorientato il simpatico Gazzi che, conoscendo bene la valle, non riusciva a capire dove diavolo fosse questa benedetta cascata. “E’ quella di fronte a Valrosera”, gli spiega Jacopo con gli occhi luccicanti di incontenibile soddisfazione. "Ah, ma alura i scalat la Pisa” (allora avete scalato la Pisa), conclude il Gazzi, suscitando l’ilarità generale e utilizzando per la nostra magica impresa il più prosaico toponimo che gli antichi pastori malenchi avevano affibbiato a questa luminosa cascata: “La Pisa”, in poche parole niente più che una banale pipì...

Okosa è una delle vie firmate dal Bosca nel suo periodo di grande ispirazione: gradazione alta e Proteggibilità RX, che significa, secondo la scala di ingaggio yosemitica: "Chi cade muore". Il giorno che scalammo Okosa lo ricordo perfettamente anche a distanza di tanti anni, perché fu una di quelle giornate da stato di grazia, nelle quali tutto sembra svolgersi in maniera talmente perfetta che, anche scalare su vie molto difficili e pericolose, sembra essere un fatto del tutto naturale. In quell’occasione il Fritz arrampicava con Jacopo e io con il mio grande amico Alberto Magliano, la persona più colta che abbia avuto il piacere di frequentare e con il quale ho scalato, per quasi 20 anni, tantissime delle più blasonate vie delle Alpi e di Yosemite. In quel periodo Alberto era all’inizio del suo grande innamoramento per la montagna e si fidava ciecamente di me perché, oltre che su Okosa, mi aveva seguito anche durante la prima ascensione di “Micetta Bagnata” ,col solito Jacopo e Gio Pirana, a torto la più a reietta delle vie della Golden Age mellica: duecento metri, settimo grado, un solo chiodo di protezione e sosta su copperhead Rivedere queste fotografie, rimaste nel cassetto per tutto questo tempo è stato estremamente piacevole: ” Non so se commuovermi o berci sopra un caless de russ”, ho scritto nella mail di ringraziamento. “Un cales de russ”, un calice di rosso, è stata la saggia risposta del Friz....

oooopppp...
......llllla'....


In perfetto abbigliamento "Mellico" e comode scarpe Boreal sul croux di Okosa
Sullo sfondo l'indimenticabile Alberto


Masesku Marzo 2021

 

 

 


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